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Perché la TAV della Val di Susa non è un’opera prioritaria e strategica lo ha spiegato in una trasmissione radiofonica ilprofessor Marco Ponti del Politecnico di Milano. Basterebbero pochi dati ufficiali per approdare ad un’analisi costi-benefici che renderebbe questo progetto non solo inutile, ma anche molto costoso per la collettività.
Tratto da Qualenergia
di Leonardo Berlen
I numeri sulla bontà del progetto TAV della Valle di Susa sono spesso acriticamente valutati dalla politica e dalla stampa. Si parla troppo poco di costi-benefici (così come degli impatti sull’ambiente locale), e pochi dei fautori dell’opera ribattono con efficacia sui dati che i contrari impugnano. L’argomentazione ripetuta dai favorevoli, come uno disco rotto, è che questa è un’opera prioritaria per il Piemonte e per la nazione intera e che non possono certo essere gettati al vento le risorse messe a disposizione dall’Unione Europea.
In una trasmissione radiofonica di Radio24, solitamente di parte, ma spesso capace di fornire interessanti spunti al dibattito su varie vicende nazionali, come è quella curata da Oscar Giannino, mi sono imbattuto in un lucidissimo, semplice e per certi versi ineccepibile ragionamento economico di Marco Ponti, docente di Economia dei Trasporti al Politecnico di Milano, sulla questione TAV della Valle di Susa. Un’analisi non certo nuova in questo più che decennale confronto-scontro, ma stavolta possiamo dire che non veniva dai No TAV (vedi comunque: www.notavtorino.org).
Il professor Ponti in estrema sintesi ha spiegato perché non considera per nulla strategicamente prioritario questo progetto tutto incentrato sul trasporto-transito delle merci, snocciolando alcuni dati che potrebbero approdare ad una differente analisi costi-benefici rispetto a quella che potremmo chiamare “del pensiero unico” vigente.
Ponti spiega che la linea attuale ‘porta’ attualmente circa Continua a leggere
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