Javi Poves è un calciatore professionista come tanti, o meglio, era un calciatore.
A soli 24 anni ha deciso di rinunciare alla carriera per le seguenti ragioni: “Il calcio professionale è solo denaro e corruzione – ha dichiarato Poves, che in passato aveva chiesto alla società di sospendere il pagamento del suo stipendio tramite transazioni bancarie perché non voleva che si speculasse sul suo denaro – Il calcio è capitalismo e il capitalismo è morte. Non voglio più far parte di un sistema che si basa su ciò che guadagna la gente grazie alla morte di altri in Sudamerica, Africa o Asia. A cosa mi serve guadagnare tanto se quello che ottengo è frutto della sofferenza di molta gente? La fortuna di questa parte del mondo esiste solo grazie alle disgrazie del resto, per me si dovrebbero bruciare tutte le banche”.
“Da quando siamo piccoli veniamo trattati come bestie – prosegue Poves – ci istigano alla competizione e quando si raggiunge una certa età, poi è difficile tornare indietro. Finché la gente continua ad accettare il sistema che esiste non sarà facile cambiare le cose. Voglio vedere cosa succede nel mondo, andare nei posti più poveri per capire le difficoltà del mondo”.
Nell’era dei calciatori che fanno la reclam a tutto per il Dio denaro, restando in qualche caso persino in mutande, la storia di Javi ha del surreale in quanto fa eccezione in un contesto privo di morale.
Ad oggi, purtroppo, vengono considerati eroi personaggi in base alla popolarità acquisita grazie ai media che creano dei modelli diseducativi e fonte di ispirazione ed aspirazione per le nuove generazioni.
Javi è un eroe moderno perché ha avuto il coraggio di rinunciare ad un sistema che lo avrebbe arricchito, perché per dignità ha lasciato una professione che amava, perché ha una coscienza attiva, perché ha capito come girano le cose e non ha ceduto al compromesso morale.
Claudio Cominardi per Palazzolo5stelle.it
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