La tradizione alimentare come innovazione necessaria.
Nutrire il pianeta, cioè nutrire la specie umana, metterla in condizione di potersi sostentare da un punto di vista alimentare è da qualche anno il tema intorno a cui ruotano gli annuali State of the World del Worldwatch Institute: uno dei più importanti Istituti di ricerca ambientali che da 25 anni pubblica questo rapporto che tradotto in più di trenta lingue – ricco di dati e informazioni – rappresenta una fonte importante per conoscere, non solo lo stato del mondo, ma anche quello dei sistemi umani nelle loro relazioni con i diversi ecosistemi e le risorse naturali di tutto il mondo.
Quest’anno il testo è dedicato alle “innovazioni che nutrono il Pianeta”.
Fin dalle prime pagine il rapporto sottolinea il paradosso di un pianete dove 1miliardo di persone è denutrito a fronte di 300 milioni ufficialmente obesi e circa 1miliardo di persone sovrappeso e non solo ma abbiamo un meccanismo di utilizzo di metodi di agricoltura altamente industrializzati che fanno uso sia di fertilizzanti artificiali, sia di altissime capacità di irrigazione tanto che l’agricoltura è in assoluto l’attività produttivo che ha la maggiore quantità di utilizzo dell’acqua: il 70% a livello planetario.
Abbiamo un modo di produrre il cibo e di alimentarci che ha un flusso di energia ed un utilizzo dell’ambiente e delle materie prime troppo elevato, questo rapporto che analizza la situazione, ma, soprattutto le proposte, fa emergere per contro le piccole realtà agricole che vengono considerate straordinarie innovazioni presenti in tanti paesi del mondo. I piccoli contadini, spesso neanche proprietari del terreno che attraverso i mille modi della sapienza contadina sono abilissimi nel far si che l’agricoltura riesca ad essere più produttiva rendendo più fertile il suolo, per esempio evitando che vengano distrutte le vegetazioni forestali o attraverso l’uso di leguminose che sono azotofissatrici, quindi, senza fare uso di fertilizzanti artificiali ed altri metodi tradizionali.
Ciò che emerge chiaramente è quindi che lì dove noi siamo in grado di imitare di più i flussi ed i processi della natura, siamo in grado di dare un’agricoltura innovativa, capace di dare cibo alle persone e che non distrugga la base fondamentale dell’esistenza stessa che è la ricchezza della biodiversità che abbiamo a disposizione.
Quindi, secondo l’Istituto dell’innovazione agricola, la chiave su cui puntare per ridurre la povertà, stabilizzare il clima e garantire sicurezza alimentare, sta nelle soluzioni a bassa tecnologia di un’agricoltura tradizionale.
Su questo tema strategico applicato alla nostra realtà locale si muove l’attività della condotta attraverso gli strumenti propri a SlowFood, delle Comunità del Cibo, dei Presidi e dell’Arca per tutelare, raccogliere e promuovere le piccole produzioni di eccellenza gastronomica minacciate dall’agricoltura industriale, dal degrado ambientale, dall’ omologazione, difendere la biodiversità per migliorare la qualità della vita, ma anche garantire identità e futuro al nostro territorio salvaguardando il nostro paesaggio agrario in uno sviluppo sostenibile vero, capace di limitare il Continua a leggere
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