Dopo intere nottate passate a confrontare dati relativi alle scorie nucleari, arrivo nuovamente alla stessa conclusione di quando ho analizzato gli altri problemi nei mercoledì precedenti.
Inutile dire a tutti che i nuclearisti sostengono che le scorie sono quantitativamente microscopiche e di radioattività a basso livello per la quasi totalità, mentre i sostenitori del no nucleare parlano di enormi quantità di scorie per una buona parte ad alta radioattività.
Probabilmente i conti non tornano quando si fà riferimento a due soggetti diversi. Le scorie nucleari non sono solo i materiali risultanti dal processo nucleare, come alcuni erroneamente calcolano.
Infatti, la definizioni in ambito internazionale è:
“… qualsiasi materiale che contiene o è contaminato da radionuclidi a concentrazioni o livelli di radioattività superiori alle “quantità esenti” stabilite dalle Autorità Competenti, e per i quali non é previsto alcun uso …”
(Dal Glossario IAEA)
“… materiale radioattivo in forma solida, liquida o gassosa per il quale non è previsto alcun ulteriore uso e che è tenuto sotto controllo come rifiuto radioattivo dall’Organismo Nazionale a ciò preposto secondo le norme e le leggi nazionali”
(Art. 2 punto “h” della Joint Convention on the Safety of Spent Fuel Management and on the Safety of Radioactive Waste Management”)
per la legge italiana:
“… qualsiasi materia radioattiva, ancorché contenuta in apparecchiature o dispositivi in genere, di cui non é previsto il riciclo o la riutilizzazione …”
(Decreto Legislativo 17 marzo 95 N° 230 modificato dall’ Art. 4, comma 3/i del Decreto Legislativo 241/00)
Si identifica quindi la distinzione tra rifiuti solidi, liquidi e gassosi comprendenti anche alcune polveri altamente volatili. Non mi sembra quindi che le scorie siano solo quelle che la tecnologia oggi può, o vuole a seconda delle convenienze imprigionare e mettere sotto un tappeto, ma anche quelle che “sfuggono”.
Partiamo come sempre dall’estrazione di Uranio, dove i livelli di radiazione sia dell’acqua che dell’aria e, conseguentemente del terreno e dei sui frutti, sono devastanti sulla popolazione. Ciò significa che rifiuti radioattivi entrano in contatto con l’ambiente circostante e sfuggono, per vari motivi, al dato finale. La popolazione del Niger è già diventata per qualche generazione un deposito di rifiuti Nucleari, come del resto tutti gli altri esseri viventi di quelle zone.
Lo stesso rilascio di radioattività avviene anche durante i vari tragitti che portano l’Uranio estratto per l’arricchimento e sucessivamente alle centrali.
Studi recenti svolti in Svizzera e Germania affermano che nella vicinanza delle loro centrali la natività femminile è diminuita notevolmente e la salute della popolazione è notevolmente peggiorata colpendo donne e bambini in modo peggiore. Uno studio shock pubblicato da tre studiosi del Centro di ricerca tedesco per la salute ambientale di Monaco di Baviera, Ralf Kusmierz, Kristina Voigt e Hagen Scherb, dimostra che il nucleare – anche quando funziona bene e senza contaminazioni stile Chernobyl – uccide gli embrioni femminili.
Centrali nucleari nel sud della Germania e della Svizzera sarebbero responsabili di 20.000 aborti di nascituri di sesso femminile, che fino ad oggi si credeva essere del tutto spontanei.
Lo studio, che prende le mosse da un altro studio che documentava gli effetti della catastrofe di Chernobyl sulle nascite in Ucraina e nelle regioni toccate dalla contaminazione radioattiva e che evidenziava una significativa incidenza sia sul numero delle nascite che sul rapporto di nascite tra bambine e bambini, era mirato a verificare un eventuale impatto analogo anche in mancanza di incidenti nucleari.
Esaminando il rapporto tra nascite e prossimità alle centrali nucleari, in Germania e Svizzera, i tre ricercatori hanno fatto una scoperta shock: nell’ultimo quarantennio, nelle aree a 35 chilometri di distanza da 31 centrali nucleari tedesche e svizzere, il numero delle nascite di bambine risulta inferiore di 20′000 rispetto ai dati attesi, uno scarto non spiegabile statisticamente.
Sul perché 20.000 bambine risultano mancanti, sembra non rimanere quale unica spiegazione la semplice vicinanza a centrali nucleari.
Gli studiosi hanno anche evidenzato un netto aumento dei casi di tumore infantile nelle vicinanze di centrali nucleari.
Altri studi sulla salute rilevano e stanno rilevando, come il vivere vicino alle strutture di tutto il ciclo del nucleare sia dannoso. Anche in Italia da anni paghiamo la politica nucleare precedentemente adottata.
Sinceramente fare da bidone di rifiuti per l’energia fossile non mi entusiasma, meno ancora fare quello indifferenziato dove al fossile mi si inserisce anche qualche scorietta radiattiva.
Mercoledi prossimo continueremo ad aprire i regali che il nucleare vuole far finta non essere suoi; sarà Babbo Natale?
Matteo Piantoni per Palazzolo5stelle
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