Al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Per sapere – premesso che: da qualche tempo le industrie del caffe stanno procedendo, con budget pubblicitari consistenti, ad una integrazione verticale della propria attività, nel senso di sostituirsi all’attività dei bar e degli altri luoghi di ristorazione, offrendo macchine che permettono di prepararsi un caffe ; quasi ogni industria oltre una certa dimensione ha posto in vendita macchine alimentate ad energia elettrica, che tramite un preconfezionata e predosata sono in grado di ottenere un prodotto di qualità; questo modello di integrazione ha pero i seguenti effetti: da un lato ciascuna ditta ha predisposto il suo modello di macchina nella quale e inseribile solo il tipo di cialda ad essa associata, questo per impedire che il cliente, una volta acquistata la macchina, possa cambiare marca di caffe; dall’altro, la cialda, del peso tra i 10 ed i 20 grammi, e per un terzo fatta di plastica forata, con all’interno il caffe; da quanto descritto derivano due conseguenze negative per i consumatori e per l’ambiente; i primi infatti si trovano a pagare il caffe a prezzi triplicati (da 10 euro sfuso ad oltre 30 se confezionato in cialde), ne possono agevolmente cambiare marca; per quel che riguarda l’impatto ambientale, si e reso inquinante un prodotto, il caffe usato, che poteva essere tranquillamente smaltito nell’umido, mentre ora e avvolto da una capsula di plastica resistente, che puo solo essere avviata a termovalorizzazione, essendo assai complesso il riciclaggio; pertanto, a giudizio degli interroganti, ci si muove in senso contrario alla normativa europea sui rifiuti, la direttiva quadro 2008/98/CE del 22 novembre 1998 prevede un preciso ordine di priorita: prevenzione – riduzione; riutilizzo, riciclo, recupero, (incluso il recupero energetico), e infine smaltimento in discariche sicure. La priorita assoluta e dunque la riduzione dei rifiuti; appare improbabile, ad avviso degli interroganti, che il Ministro interrogato sia in grado di fermare l’incremento dell’apporto in discarica costituito da milioni di cialde in plastica di caffe; tuttavia potrebbe, nell’ambito dei fondi propri, destinati alla comunicazione istituzionale, avvertire i cittadini che il prodotto in questione inquina assai piu di quanto non facesse prima, che a fronte di cio essi pagano il prodotto il triplo rispetto a prima e che, se proprio intendono farsi un caffe espresso in casa, esistono macchine apposite con dosatore a mano, che consente anche di cambiare marca quando vogliono; tuttavia agli interroganti appare estremamente difficile che il Governo possa dare attuazione a queste iniziative considerate le pressioni delle grandi imprese che operano a livello mondiale -: se il Ministro interrogato intenda valutare la possibilita di emanare linee guida nazionali per la riduzione dei rifiuti alla fonte; se il Ministro intenda promuovere specifiche campagne di informazione nei confronti dei consumatori.
(fonte: newsletter Gogreen)
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Articolo interessante, ma avrei un appunto:
propongo di inserire una nota alla frase :
_che può solo essere avviata a termovalorizzazione- (all’ inceneritore)
Sono sempre stato allergico al neologismo : termovalorizzatore !
Spett.le Admin, (chi ha postato questo articolo dovrebbe avere un nome! )
Premetto che, avendo votato 5 stelle, sostenendo il movimento e lavorando nel settore packaging caffè da lungo tempo, per la prima volta mi sento di poter dare un commento autorevole ad un argomento non proprio banale.
Il caffè porzionato, questa è la definizione più corretta senza entrare nel dettaglio del packaging utilizzato, è un prodotto guidato dalle mutate esigenze di stile del mondo occidentale contemporaneo.
la sua destinazione d’uso si rivolge ad un utente che per definizione crea consumo, ( es.la moka da 3 tazze per berne solo una, il breve spostamento in auto per andare al bar, etc, ) ma ancora più chiaramente offre un prodotto di qualità alla portata di tutti.
Detto questo è invece doveroso cominciare ad utilizzare la terminologia commerciale ed imparare ( insegnare al consumatore ndr) a chiamare prodotti simili con il loro vero nome:
Cialda : si riferisce ad un prodotto porzionato avvolto da uno strato di carta filtro che si può tranquillamente smaltire nell’umido compostabile
Capsula: si tratta ancora di un prodotto porzionato laddove però il contenuto organico ( caffè nel ns caso) è contenuto in un contenitore ( Pp o PE ) stampato ad iniezione o, dipende dalle sue varianti, in contenitori preformati di alluminio o flessibile termoformato. Attenzione in nessun caso è possibile separare il contenuto dal contenitore venendo quindi a meno la caratteristica fondamentale di recupero di un prodotto e cioè la possibilità del corretto smaltimento.
Con questo non voglio dire che una confezione sia da santificare e la seconda da bruciare (magari in un termovalorizzal’inceneritore…) ma la differenza è come consumare un litro di latte in vetro oppure in Brick-pack…,se il vetro lo buttiamo nel bidone, non ci saranno più ne santi ne fanti!
Vorrei concludere questo intervento sottolineando come la capsula (plastica) è nata con il preciso obbiettivo di creare sistemi chiusi, da cui l’unica entità che ne trae vantaggio (economico) è chi la commercializza. Al contrario, la vera cialda in carta filtro, è da tempo disponibile nella grande distribuzione affrontando così la vera concorrenza.
Molto rimane da lavorare per sviluppare prodotti a sempre minore impatto ambientale per questo il mio augurio và a chi comunque il problema se lo pone senza pregiudizi o false morali.
Saluti
Fabio
Grazie Fabio per le precisazioni, purtroppo l’informazione ha delle falle e per fortuna c’è gente come lei in grado professionalmente di colmarle