Per sintetizzare al massimo l’idea che ho del ‘progresso’, (intesa come condizione posta al miglioramento della vita di ogni essere umano), ho deciso di pubblicare il discorso sul ‘famigerato’ PIL, che RFJ Kennedy, tenne il 18 marzo del 1968 all’università del Kansas.
Il Pil viene spacciato da anni come il sensore del benessere generalizzato, ‘più il Pil cresce, più l’economia galoppa e più si sta bene’. Così sembrano indicare tutti i media ogni qualvolta si parla del prodotto interno lordo del paese.
Il Pil non tiene però conto di come influisce negativamente sulla salute ed il benessere effettivo della gente, ad esempio: se si vendono più sigarette, il Pil cresce così come i malati di cancro, se si vendono più auto sempre più potenti e veloci, il Pil cresce, e con esso anche l’inquinamento, gli incidenti stradali, e così via.
Io considero che il Pil sia inversamente lungimirante, perché non tiene conto delle gravi conseguenze che porterà nel futuro sull’ambiente, sul clima e l’equilibrio dell’ecosistema, modificando inevitabilmente e coercitivamente, lo stile di vita dell’umanità intera. Il Pil non considera le conseguenze che le future generazioni, compresa la nostra, dovranno pagare sulla propria pelle. Il Pil è roba da vecchi! Per chi un futuro non vuole o fa finta di non vederlo.
Un’idea di progresso è invece una decrescita felice, nei consumi, nelle produzioni e quindi delle vendite di miriadi di articoli inutili e pericolosi.
Pensiamoci bene, se il Pil diminuisse, vorrebbe dire che si consuma meno, e di conseguenza si produrrebbero meno rifiuti, si inquinerebbe molto meno e ci si ammalerebbe ancor meno. Ricapitolando, come direbbe Antonio Lubrano: ‘la domanda sorge spontanea’, ma, ‘a chi conviene far crescere di anno in anno il prodotto interno lordo?’ A voi la risposta…
‘Alzare la testa è un dovere, partecipiamo!’
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